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Cosa significa trattenere un campione?

Da Gigi Riva a Nicolò Barella. Due figli della Sardegna, uno acquisito e uno natio. Separati non solo da ormai quasi cinquant’anni di storia.

Storia di un calcio che forse non c’è più, ma di una consapevolezza che rimane impossibile da accettare…

UNA FEDE. È come se ci fosse dietro un giuramento. E non ci si arrendesse all’idea che prima o poi tutto, anche le cose più belle prima o poi finiscono. Una fede, in realtà, più che un giuramento. Irrazionale, come tutte le fedi. Un amore, chiamato Cagliari. Un sentimento che parte dal cuore. E, come si suol dire, “al cuor non si comanda”.

DUE “SARDI” SPECIALI. Non è solo una provocazione accostare Gigi Riva e Nicolò Barella. È un azzardo, di sicuro. Ma i due – lo dice il destino – sono uniti da una Storia comune, pur diluita e trasformata da cinquant’anni di cambiamenti sociali, economici, politici, sportivi e, dunque, anche calcistici.

ROMBO DI TUONO. Gigi Riva, il mito. Il campione dei campioni in rossoblù. È l’epica di guerriero leggendario, che racconta di un passato di guerre (in campo), di avventure e uomini di altri tempi e di successi unici rimasti scolpiti nella Storia. Irripetuti, e forse irripetibili. Ma soprattutto, prima che uno straordinario giocatore e un incredibile cannoniere (primo – e irraggiungibile – nella classifica all time dei goleador del Cagliari e della Nazionale italiana), Rombo di Tuono è soprattutto un racconto, che conserva e tramanda la memoria e la civiltà di un popolo intero e di una terra anch’essa di miti e leggende: la Sardegna.

PREDESTINATO. Barella, in effetti, ha mosso i primi passi proprio all’ombra del maestro, nella celebre scuola calcio “Gigi Riva”. Nel destino una penna per scrivere la Storia del Cagliari. E Nicolò, con l’aiuto di due piedi deliziosi, di gambe e polmoni mai scarichi e di una maturità e di una consapevolezza di pochi, non si è lasciato togliere questa occasione. “Gioco per la squadra e per i colori che amo”, ha ripetuto più volte. Colori di cui è diventato capitano a soli vent’anni: un predestinato, appunto. E un grande giocatore.

LA SCELTA. Ora però – a gennaio o in estate poco cambia -, per Barella e per la società potrebbe essere arrivato il momento della scelta. E per i tifosi, quello della sofferenza. E dei rimpianti. In Italia chiamano in tante (Napoli, Inter, Milan, Juventus, Roma); in Inghilterra sono già pronti con una valigia piena di sterline: 45, almeno, quelle che avrebbe già offerto il Chelsea. E, a onor del vero, non si può davvero pensare che la società rossoblù non accetti il fiume di denaro che arriverebbe in cambio del centrocampista cagliaritano. Ci si potrebbe rifare una squadra. O uno stadio, con cinquanta milioni di euro. E – senza giudizio verso nessuno – bisogna ammettere anche i tifosi più affezionati a Barella, forse, tentennerebbero di fronte a una cifra monstre come questa.

È SEMPRE DESTINO? Tutto inevitabile, lo sappiamo, specie nel calcio moderno. Barella è destinato forse a ben altri lidi: merita di giocare la Champions, di fare esperienza in campo internazionale, di diventare, perché ne avrebbe le capacità, un top player a livello mondiale. Eppure un dubbio resta nel cuore più che nella mente dei tifosi: “È proprio impossibile farlo con la maglia del Cagliari?”.

IL CONSIGLIO DI RIVA. Glielo ha detto anche lo stesso Gigi Riva pochi giorni fa: “Nicolò è giovane, leggo di diverse società che lo vogliono, ma credo che non sia questo il momento in cui deve lasciare il Cagliari. Prima deve confermarsi in Italia, poi può anche andare altrove”. Un consiglio a rimanere, ma per sé stesso. Sintomo che forse anche Rombo di Tuono alla fine ha ceduto. Anche dall’alto della sua esperienza e della sua fedeltà alla Sardegna, per la quale rinunciò più volte alle sirene delle grandi, Juventus su tutte, non si è potuto non piegare all’idea che tutti i campioni, prima o poi, debbano volare via da Cagliari, destinati alle squadre top in Italia o in Europa.

COSA SIGNIFICA TRATTENERE UN CAMPIONE? Eppure Gigi Riva rimase. Non lo fece solo per sé stesso, lo fece anche soprattutto per la squadra, per il popolo, per la Sardegna. Per i colori che amava, il rosso e il blu. Anche lui aveva una società che non poteva non valutare anche il freddo aspetto economico. Eppure la Storia ha dimostrato qualcosa: trattenere i Campioni significa vincere. Significa diventarla, una grande. E significa scrivere la Storia. Ma la Storia, questa volta, sembra proprio voler scrivere altro…

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