Le candeline da soffiare oggi sono 43, ma l’età è solo un numero: lui ha ancora voglia di allenare, di fare, di vivere il suo mondo, il mondo del calcio. Nasce nel River Plate, poi Racing Santander. Due parentesi, seppur con un totale di circa 100 presenze in tutto. Nulla in confronto a quanto vissuto col Cagliari. Una vita intera, calcisticamente parlando. Perché Diego Lopez in Sardegna ci ha lasciato il cuore, e la casa.
L’uruguaiano arriva nell’isola nel 1998, dopo l’esordio in Argentina e Spagna. In rossoblù 314 presenze e 7 gol, uno storico alla Roma nel 2-2 al Sant’Elia nei minuti di recupero. È il quinto per presenze con la maglia del Cagliari in tutte le competizioni. Capitano dopo Suazo e prima di Conti, dal 2007 al 2009, anno del ritiro. Una delle ultime bandiere del Cagliari, uno di quelli che i colori rossoblù li hanno amati, vissuti. A fine carriera diventa allenatore della primavera dei sardi, prima di assumere il ruolo di vice allenatore e poi allenatore, nella coppia Lopez-Pulga.
L’esonero a opera di Massimo Cellino nel 2014 non inficia il rapporto splendido con i tifosi e con la Sardegna. Lopez si cimenterà poi in nuove avventure a Bologna e Palermo, infelici, purtroppo per lui. Ma un capitano, una bandiera, è indelebile. Non può essere scolorito. Non può essere dimenticato.